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PITTURA PALEOCRISTIANA
Il Cristianesimo giunse a Roma probabilmente attraverso la minoranza giudaica, che teneva rapporti commerciali e culturali con la madrepatria Palestina: quando san Paolo visitò Roma nel 61 trovò una comunità cristiana già organizzata[1].
I seguaci del cristianesimo furono in primo tempo appartenenti ai ceti più poveri e gli schiavi, ma soprattutto al ceto medio romano, anche se progressivamente iniziarono a convertirsi anche famiglie di classi superiori più agiate, le quali mettevano spesso a disposizione le loro abitazioni per riunioni clandestine. Dal grecoecclesia, assemblea, nacquero le domus ecclesiae (case dell'assemblea), antesignane delle chiese. Di questi edifici di riunioni domestiche restano pochi resti archeologici, anche perché spesso, in seguito alla libertà di culto sancita dall'Editto di Costantino (313) vi furono costruite sopra basiliche.
Una conseguenza della credenza nella resurrezione dei corpi, predicata da Cristo, fu l'usanza di inumare i corpi dei defunti, in luoghi sotterranei chiamati in seguito catacombe (termine documentato dal IX secolo a proposito della Basilica Apostolorum sulla via Appia e derivato dal greco katà kymbas, presso le grotte).
L'uso di luoghi sotterranei non fu certo dettato dalle persecuzioni, poiché ci sono pervenuti ipogei anche pagani e giudaici, come quello della via Latina a Roma, risalente alla seconda metà del IV secolo. Nel III secolo Roma era già completamente organizzata per il culto cristiano, nonostante la clandestinità, con sette diaconi che sovraintendevano a sette zone distinte, a ciascuna delle quali pertineva un'area catacombale al di fuori delle mura.
Pittura e mosaico
Anche la pittura e il mosaico dei primi secoli del Cristianesimo derivarono i propri stilemi da correnti artistiche già in atto, legate al paganesimo o ad altre religioni, attribuendo però alle rappresentazioni altri significati.
Un esempio emblematico è quello dell'immagine del banchetto, usato già da secoli nell'arte antica specialmente in ambito funerario: divenne la rappresentazione dell'Ultima Cena e quindi simbolo della celebrazione dell'Eucarestia, la liturgia fondamentale della nuova religione. Gli elementi di similitudine tra raffigurazioni cristiane e pagane nella medesima attribuzione cronologica hanno portato ad avvalorare l'ipotesi che gli artisti lavorassero indistintamente talvolta su commissione di pagani e talvolta di cristiani. Anche lo stile delle pitture va da un iniziale realismo a forme sempre più simboliche e semplificate, in linea con l'affermazione dell'arte provinciale e plebea nella tarda antichità. Con la fine delle persecuzioni, dal 313, la pittura si fece più sfarzosa, come i coevi esempi di pittura profana.L'aniconismo, cioè il divieto di raffigurare Dio secondo un passo dell'Esodo (XX, 3-5), applicato fino al III secolo, significò la necessità di usare simboli per alludere alla divinità: il sole, l'agnello, simbolo del martirio di Cristo, o il pesce, il cui nome greco (ichthys) era acronimo di "Iesus Christos Theou Yios Soter"(Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore).
Altre immagini-segno sono quelle che invece di narrare un avvenimento suggeriscono un concetto: il buon pastore, che simboleggiava la filantropia di Cristo, l'orante, simbolo di sapienza, ecc. Anche queste raffigurazioni furono mutuate da iconografie antecedenti: il pastore proviene da scene pastorali, dalle allegorie della primavera e dalle raffigurazioni di Ermes pastore, il Cristo-filosofo, deriva dalla figura del filosofo Epitteto seduto. Tutti i temi legati all'Antico Testamentovennero invece ripresi dalla precedente tradizione giudaica: pittura cristiana ed ebraica nel III secolo sono pressoché combacianti, come testimoniano gli affreschi nella sinagoga di Dura Europos in Siria (oggi al Museo Nazionale di Damasco), dove la stilizzazione formale è legata al valore simbolico delle scene.
Gradualmente la perdita di interesse verso la descrizione di avvenimenti reali porta a una standardizzazione delle scene simboliche, con un progressivo appiattimento delle figure, preponderanza di raffigurazioni frontali e perdita del senso narrativo: gli artisti infatti adesso alludono al mondo spirituale, che prescinde dall'armonia formale e dalla verosimiglianza delle forme.
Il gallo, che canta all'alba al sorgere del sole, è ritenuto simbolo della luce di Cristo[2]. La tartaruga è simbolo del male, del peccato causa dell'etimologia del termine che è dal greco "tartarukos", "abitante del Tartaro". La lotta tra gallo e tartaruga (il Bene contro il Male)[3] è più volte rappresentata sui mosaici pavimentali della basilica di Aquileia.
La rappresentazione di Cristo
Fino al III secolo quindi Cristo è rappresentato unicamente da simboli: il buon pastore, l'agnello, ecc. Abbastanza frequente è anche l'immagine del Cristo-Orfeo: Cristo scese nel Limbo, come Orfeo nell'oltretomba. Il divieto di raffigurare Gesù Cristo venne meno in conseguenza del primo concilio di Nicea, quando venne definitivamente sancita la duplice natura divina e umana di Cristo, quindi Verbo incarnato uomo e dotato di fattezze umane rappresentabili. La rappresentazione dei fatti salienti della vita di Cristo divenne necessaria per la trasmissione del suo messaggio, ma non fu questa l'unica ragione: la glorificazione di Cristo si rifletteva come celebrazione indiretta degli imperatori di fede cristiana dopo l'Editto di Tessalonica. L'identificazione tra Impero e Chiesa divenne sempre più stretta, soprattutto dal V secolo quando la cristianità iniziò ad essere vista come baluardo del mondo civilizzato, contro quello barbaro.
Inizialmente Gesù veniva rappresentato imberbe: ne sono testimonianza gli affreschi nelle catacombe di Domitilla (Cristo che insegna agli apostoli) o il mosaico nella chiesa di Santa Costanza a Roma.
Il Cristo barbato è successivo e deriva da una tradizione siriaca, come un filosofo cinico. In seguito si iniziò a raffigurare anche Cristo con le insegne regali, che lo assimilava all'imperatore secondo l'iconografia imperiale romana della traditio legis, la "consegna della legge".Scena di banchetto, affresco 115x65 cm, prima metà del III secolo, catacombe di San Callisto, cunicolo dei sacramenti, RomaIl gallo e la tartaruga, ad AquileiaBuon pastore seconda metà del III secolo, Catacombe di Priscilla
Agnello che benedice i pani, metà del IV secolo, affresco 40x28cm, Catacombe di Commodilla
I seguaci del cristianesimo furono in primo tempo appartenenti ai ceti più poveri e gli schiavi, ma soprattutto al ceto medio romano, anche se progressivamente iniziarono a convertirsi anche famiglie di classi superiori più agiate, le quali mettevano spesso a disposizione le loro abitazioni per riunioni clandestine. Dal grecoecclesia, assemblea, nacquero le domus ecclesiae (case dell'assemblea), antesignane delle chiese. Di questi edifici di riunioni domestiche restano pochi resti archeologici, anche perché spesso, in seguito alla libertà di culto sancita dall'Editto di Costantino (313) vi furono costruite sopra basiliche.
Una conseguenza della credenza nella resurrezione dei corpi, predicata da Cristo, fu l'usanza di inumare i corpi dei defunti, in luoghi sotterranei chiamati in seguito catacombe (termine documentato dal IX secolo a proposito della Basilica Apostolorum sulla via Appia e derivato dal greco katà kymbas, presso le grotte).
L'uso di luoghi sotterranei non fu certo dettato dalle persecuzioni, poiché ci sono pervenuti ipogei anche pagani e giudaici, come quello della via Latina a Roma, risalente alla seconda metà del IV secolo. Nel III secolo Roma era già completamente organizzata per il culto cristiano, nonostante la clandestinità, con sette diaconi che sovraintendevano a sette zone distinte, a ciascuna delle quali pertineva un'area catacombale al di fuori delle mura.
Pittura e mosaico
Anche la pittura e il mosaico dei primi secoli del Cristianesimo derivarono i propri stilemi da correnti artistiche già in atto, legate al paganesimo o ad altre religioni, attribuendo però alle rappresentazioni altri significati.
Un esempio emblematico è quello dell'immagine del banchetto, usato già da secoli nell'arte antica specialmente in ambito funerario: divenne la rappresentazione dell'Ultima Cena e quindi simbolo della celebrazione dell'Eucarestia, la liturgia fondamentale della nuova religione. Gli elementi di similitudine tra raffigurazioni cristiane e pagane nella medesima attribuzione cronologica hanno portato ad avvalorare l'ipotesi che gli artisti lavorassero indistintamente talvolta su commissione di pagani e talvolta di cristiani. Anche lo stile delle pitture va da un iniziale realismo a forme sempre più simboliche e semplificate, in linea con l'affermazione dell'arte provinciale e plebea nella tarda antichità. Con la fine delle persecuzioni, dal 313, la pittura si fece più sfarzosa, come i coevi esempi di pittura profana.L'aniconismo, cioè il divieto di raffigurare Dio secondo un passo dell'Esodo (XX, 3-5), applicato fino al III secolo, significò la necessità di usare simboli per alludere alla divinità: il sole, l'agnello, simbolo del martirio di Cristo, o il pesce, il cui nome greco (ichthys) era acronimo di "Iesus Christos Theou Yios Soter"(Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore).
Altre immagini-segno sono quelle che invece di narrare un avvenimento suggeriscono un concetto: il buon pastore, che simboleggiava la filantropia di Cristo, l'orante, simbolo di sapienza, ecc. Anche queste raffigurazioni furono mutuate da iconografie antecedenti: il pastore proviene da scene pastorali, dalle allegorie della primavera e dalle raffigurazioni di Ermes pastore, il Cristo-filosofo, deriva dalla figura del filosofo Epitteto seduto. Tutti i temi legati all'Antico Testamentovennero invece ripresi dalla precedente tradizione giudaica: pittura cristiana ed ebraica nel III secolo sono pressoché combacianti, come testimoniano gli affreschi nella sinagoga di Dura Europos in Siria (oggi al Museo Nazionale di Damasco), dove la stilizzazione formale è legata al valore simbolico delle scene.
Gradualmente la perdita di interesse verso la descrizione di avvenimenti reali porta a una standardizzazione delle scene simboliche, con un progressivo appiattimento delle figure, preponderanza di raffigurazioni frontali e perdita del senso narrativo: gli artisti infatti adesso alludono al mondo spirituale, che prescinde dall'armonia formale e dalla verosimiglianza delle forme.
Il gallo, che canta all'alba al sorgere del sole, è ritenuto simbolo della luce di Cristo[2]. La tartaruga è simbolo del male, del peccato causa dell'etimologia del termine che è dal greco "tartarukos", "abitante del Tartaro". La lotta tra gallo e tartaruga (il Bene contro il Male)[3] è più volte rappresentata sui mosaici pavimentali della basilica di Aquileia.
La rappresentazione di Cristo
Fino al III secolo quindi Cristo è rappresentato unicamente da simboli: il buon pastore, l'agnello, ecc. Abbastanza frequente è anche l'immagine del Cristo-Orfeo: Cristo scese nel Limbo, come Orfeo nell'oltretomba. Il divieto di raffigurare Gesù Cristo venne meno in conseguenza del primo concilio di Nicea, quando venne definitivamente sancita la duplice natura divina e umana di Cristo, quindi Verbo incarnato uomo e dotato di fattezze umane rappresentabili. La rappresentazione dei fatti salienti della vita di Cristo divenne necessaria per la trasmissione del suo messaggio, ma non fu questa l'unica ragione: la glorificazione di Cristo si rifletteva come celebrazione indiretta degli imperatori di fede cristiana dopo l'Editto di Tessalonica. L'identificazione tra Impero e Chiesa divenne sempre più stretta, soprattutto dal V secolo quando la cristianità iniziò ad essere vista come baluardo del mondo civilizzato, contro quello barbaro.
Inizialmente Gesù veniva rappresentato imberbe: ne sono testimonianza gli affreschi nelle catacombe di Domitilla (Cristo che insegna agli apostoli) o il mosaico nella chiesa di Santa Costanza a Roma.
Il Cristo barbato è successivo e deriva da una tradizione siriaca, come un filosofo cinico. In seguito si iniziò a raffigurare anche Cristo con le insegne regali, che lo assimilava all'imperatore secondo l'iconografia imperiale romana della traditio legis, la "consegna della legge".Scena di banchetto, affresco 115x65 cm, prima metà del III secolo, catacombe di San Callisto, cunicolo dei sacramenti, RomaIl gallo e la tartaruga, ad AquileiaBuon pastore seconda metà del III secolo, Catacombe di Priscilla
Agnello che benedice i pani, metà del IV secolo, affresco 40x28cm, Catacombe di Commodilla
- Pesce e pane eaucaristico, particolare di pittura su parete 32x30, inizio del III secolo,Catacombe di San Callisto, cripta di Lucina, Roma
- Cristo insegna agli apostoli, affresco 130x38, inizio del IV secolo,Catacombe di Domitilla, Roma
- Cristo imberbe, dettaglio dal mosaico dellaConsegna della legge, lunghezza 6,50 m, fine del IV secolo, Mausoleo di Santa Costanza, Roma
- Cristo barbato (dettaglio), affresco 60x72, fine IV-inizio V secolo,Catacombe di Commodilla, Roma