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DALLA PREISTORIA
AL XX SECOLO .......... CON RELATIVI LINK
- La storia della pittura si svolge dalla preistoria al mondo contemporaneo e comprende raffigurazioni eseguite con varie tecniche modificandosi in base alla funzione dell'arte nel suo contesto storico e culturale.
Variazioni stilistiche Da una concezione gerarchica della grandezza di corpi nel quale proporzioni diverse indicavano la maggiore o minore importanza del soggetto rispetto agli altri e il suo ruolo sociale, fino alla ricerca e al rispetto naturalistico delle proporzioni.
La posizione delle figure nello spazio viene contestualizzata all'interno delle rappresentazioni fino a una ricerca specifica di regole per la rappresentazione spaziale attraverso l'uso della prospettiva.
Si passa da figure stilizzate della preistoria alla ricerca della volumetria della figura, della tridimensionalità differenziando i piani con colori dai toni più chiari o più scuri a seconda dell'esposizione alla luce e in base alla direzione della luce sui corpi. Da uno stile bidimensionale a tinte piatte si passa al concetto di chiaro-scuro, si studia la luce che si riflette sui corpi e l'ombra che definisce la consistenza dei soggetti sul piano reale del dipinto. Da linee definite che racchiudono i soggetti vengono tracciati contorni più soffici che la inseriscono nello spazio in modo più dolce.
Variazioni tecniche Dall'affresco si passa alla tempera, poi nel Quattrocento nasce l'uso del colore ad olio e nel Novecento compaiono gli acrilici e i prodotti industriali. I colori si ottengono inizialmente macinando le terre, sono presenti le ocre gialle e rosse, nei secoli si aggiungono alla tavolozza nuovi pigmenti, questo dipende dalla reperibilità della materia prima. Il blu ad esempio era raro e quindi costosissimo in Italia; si otteneva dalla triturazione del lapislazzulo.
Gli impasti per ottenere i colori si arricchiscono e anche l'imprimitura del supporto contribuisce alla resistenza dell'opera e alla luminosità. Le imprimiture delle tavole servono a rendere l'assorbimento dei colori più omogeneo e a fissarsi meglio, Le vernici finali, ottenute da resine proteggono il lavoro e saturano i colori rendendoli più “carichi“.
Cambia il modo di inserire le figure nello spazio ad esempio con la nascita della prospettiva con punto di fuga all'infinito.
Variazioni concettualiCambia la funzione dell'arte, da celebrativa e simbolica può essere un modo di descrivere la realtà in modo naturalistico, fino a divenire un' interpretazione della realtà libera dall' imitazione della realtà, come per l' arte astratta.
Molte delle regole che si creano vengono stravolte con l'arte concettuale quando la pittura non è più imitazione della Natura, ma ne diventa l' interpretazione.
I trattati di pittura Ci sono diversi trattati di pittura nella storia dalla Naturalis Historiae di Plinio arrivato a noi attraverso Vitruvio a quello di Leonardo da Vinci al Manuale di Gino Piva[1]. Cennino Cennini scrive nel Trecento un vero e proprio manuale in cui descrive i modi per preparare la carta e gli strumenti fino alle tecniche di rappresentazione dei soggetti. Alla base di una buona rappresentazione c'è il disegno, la progettazione del dipinto comincia dalle bozze e dagli studi. Per poter dipingere bisogna prima saper disegnare.
Un altro trattato importante è quello di Leonardo da Vinci dove sono riportate moltissime annotazioni sullo studio della percezione della realtà e la sua rappresentazione, ad esempio come un soggetto in lontananza appaia più chiaro e soffuso rispetto ad uno in primo piano (si tratta della cosiddetta prospettiva aerea). Descive la prepazione della tavola e la stesura del colore, i procedimenti per imitare la natura, dipingere paesaggi e soggetti. Molo importanti sono anche le annotazioni riguardanti il ritratto, come l'espressione risultante da uno stato d'animo influisce sui muscoli del viso. Descrive dettagliamente anche le differenze anatomiche dei soggetti a seconda della loro età e del loro sesso. Uno dei trattati più importanti sull'argomento, purtroppo misconosciuto per motivi da ascrivere al ventennio fascista, è il libro (quasi un breviario) di Leone Augusto Rosa: "La Tecnica Della Pittura Dai Tempi Preistorici ad oggi". E possibile trovarlo nelle principali biblioteche nazionali. Si tratta di un vero e proprio trattato suddiviso in due parti, analitica la prima descrittiva la seconda con un'incredibile quantità di notizie e di ricette preziose, altrove introvabili. Un manuale scientifico, basilare per chi vuole apprendere da una condizione di esperienza sperimentale tutto lo scibile sulle tecniche antiche e moderne, svelate, senza misteri di ricette segrete. Una pietra miliare della scienza delle tecniche pittoriche che anticipa le più accurate e sofisticate indagini odierne.
Il contesto storico e socialeSi possono così suddividere i periodi storici della storia dell'arte e le fondamentali correnti artistiche:
Pittura preistorica Le prime tracce di pittura sono quelle dell'arte rupestre, rappresentazioni di scene di caccia dipinte nelle grotte. Alcuni esempi sono i ritrovamenti nelle grotte di Lascaux risalenti al 15000 a.C. E molto suggestive e importanti sono anche le impronte delle mani nelle grotte di Pech Merl l Lot in Francia. I colori utilizzati per queste rappresentazioni erano ottenuti da carbone (per il nero), da terre (per l'ocra gialla e rossa) che venivano macinate per ottenere i pigmenti impastati con acqua. Le figure umane erano stilizzate, filiformi, mentre gli animali erano voluminosi, anche perché queste immagini erano legate a scopi propiziatori per la caccia, con significato magico-religioso, auspicavano abbondanza.
Pittura nell'antichità Nell'arte egizia le pitture realizzate nelle tombe, in rapporto alla prosecuzione della vita del defunto nel mondo ultraterreno. Altre pitture sono realizzate per la celebrazione delle imprese dei faraoni. La pittura si mescola al bassorilievo, spesso colorato e dipinto, e alla scrittura geroglifica. Le linee sono rigide e le figure statiche, sempre rappresentate di profilo ad eccezione degli occhi e delle spalle che sono frontali. Tra i colori utilizzati dagli artisti egizi compare già dall'Antico Regno il (blu egizio), uno dei pigmenti artificiali più antichi prodotti dall'uomo. Il suo uso si estese ben oltre i confini geografici e temporali dell'Antico Egitto, diventando uno dei pigmenti più affermati dell'antichità.
Nell'arte cretese sono arrivate fino a noi decorazioni e scene di danze e di giochi rituali: nell'affresco risalente al 1500 a.C. raffigurante la Tauromachia (dove l'acrobata, per dimostrare la sua superiorità rispetto alle forze della natura doveva saltare sulla schiena di un toro), le linee sono morbide e curve, anche le figure sono disposte in modo leggermente obliquo, accentuando l'effetto del movimento.
Anche nell'arte etrusca si osserva una maggiore dinamicità, una moltitudine di linee curve rendono la figura più naturale.
Pittura greca Amphora con tre figure nere, Dioniso e due satyrs, firmato per Andocide.Il greci furono la prima popolazione a portare un pieno svolgimento all'arte pittorica, ponendosi il problema della luce, dello spazio, del colore, delle variazioni di tono e degli effetti della tecnica (smalti, impasto, velature...). Tali questioni vennero affrontate e risolte nel V secolo a.C. e vennero sviluppate documentatamente nel IV secolo.
Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia, narra della sfida tra i pittori Zeusi e Parrasio: la disputa riguardava chi dei due fosse il migliore nell'imitazione della natura. Il primo mostrò il suo affresco raffigurante dell'uva e alcuni uccelli andarono a beccarla, poi toccò al secondo e i presenti gli chiesero di spostare la tenda per mostrare il suo lavoro: poi capirono che aveva vinto perché la tenda era appunto dipinta: mentre il primo aveva ingannato degli animali i secondo aveva ingannato l'occhio dei presenti, dimostrando la sua superiorità tecnica.
Per la produzione durante l'ellenismo abbiamo scarsa documentazione, ma i pochi resti suggeriscono che i problemi pittorici vennero portati avanti, con uno svolgimento simile per molti versi a quello della scultura, verso una piena libertà tecnica e spaziale. La libertà di tocco e di pennellata di quel periodo ha fatto parlare, facendo un parallelismo con la civiltà moderna, di "impressionismo".
La grandissima maggioranza delle pitture greche ci è nota solo da frammenti, ricostruzioni a partire dalle fonti letterarie, riflessi in altre culture (come quelleetrusca) e qualche copia romana (anche a mosaico). Un singolare reperto è la tomba del Tuffatore, a Paestum, unico nel suo genere.
La ricostruzione della pittura greca monumentale tramite la ceramografia (opere realizzate sui vasi) è un'operazione difficile ma ampiamente praticata, che porta però a risultati discutibili. Federico Zeri, a titolo di esempio, paragonava il lavoro di questi studiosi a coloro che volessero capire la pittura monumentale di Raffaello e di Michelangelo cercandone gli echi nella produzione dei vasai di Deruta o Gubbio.
Pittura romana. - Pittura nel MedioevoClare di Assisi è ricevuta nell'ordine dei minorites dalla st. Francis.La pittura medievale si sviluppa a partire dalle forme proprie dell'arte tardoantica: immagini sempre più ieratiche e simboliche, riflesso di una sempre più profonda concezione della spiritualità, fanno la loro comparsa già dal IV secolo nelle catacombe di Roma, ma anche nei mosaici di Santa Costanza o di Santa Maria Maggiore. Le immagini sono tratte dal repertorio cristiano, la cui spiritualità condiziona in maniera fondamentale i soggetti. Ad esempio il concilio di Efeso del 431 che definì Maria come la Theotokos, la Madre di Dio, dà lo spunto alle prime immagini ufficiali della Vergine. Occorre tener presente che se la data del 476 della caduta dell'impero Romano d'Occidente è stabilita come l'inizio del Medioevo, questo non si può applicare alla lettera per quanto riguarda la pittura: infatti esiste continuità fra l'arte prima e dopo tale data. È con Bisanzio che va definendosi sempre di più la pittura medievale: l'arte bizantina (330 - 1453 d.C.) da un lato è solo un aspetto dell'arte medievale, ma dall'altro ne è l'asse portante. Le sue forme, canonizzate in seguito allo scisma iconoclasta dal secondo concilio di Nicea del 787 furono quelle universalmente diffuse in tutto il mondo cristiano, seppure con accezioni regionali diverse di volta in volta, in oriente come in occidente. La differenza di ricezione degli atti del concilio di Nicea però, dà origine a ciò che separerà in modo così netto la pittura delle due parti dell'Europa: già con i Libri Carolini di Carlo Magno (VIII secolo) la pittura si delinea in occidente come mera illustrazione dell'evento biblico. Le immagini delle chiese diventano biblia pauperum, la bibbia dei poveri, nelle quali gli illetterati possono comprendere ciò che l'analfabetizzazione rende loro impossibile leggere nelle Scritture. La pittura delle chiese o delle iconostasi diventa quindi una decorazione degna di rispetto, ma non propriamente "arte sacra" come invece rimane l'icona in oriente. Qui le sante immagini vengono venerate come Presenza in assenza della persona rappresentata: per questo gli orientali ancora oggi venerano grandemente le immagini baciandole e inchinandovisi davanti.
Pur con una diversità basilare di interpretazione dell'immagine dipinta, l'oriente e l'occidente restano uniti nelle forme pittoriche fino alla fine del Duecento, influenzandosi a vicenda, vivendo rinascenze del classico o evoluzioni di tipo più simbolico. Importante menzionare in questo contesto le celebri croci dipinte e le pale d'altare di Coppo di Marcovaldo, Giunta Pisano, Cimabue. In seguito, a partire dall'Italia accade che, a causa di mutate condizioni socio-economiche, ma soprattutto a causa di uno sviluppo teologico e filosofico che rimarca sempre di più la differenza fra oriente e occidente, l'ennesima rinascenza classica della scuola romana e fiorentina (Pietro Cavallini, Jacopo Torriti, Giotto di Bondone) prende una piega definitiva e compie un passo decisivo verso forme più naturalistiche. La cappella del Sancta Sanctorum della Scala Santa di Roma, ma soprattutto il ciclo di Assisi è la dimostrazione piena di come nuove istanze culturali, teologiche e filosofiche modifichino la concezione della corporeità e del rapporto col sacro nell'immagine dipinta. Con il Gotico, inaugurato dalle scuole fiorentina e senese, avviene la fase terminale della pittura medievale verso forme sempre più naturalistiche, sempre più filosofiche e progressivamente sempre meno teologiche, fino al Rinascimento
Pittura nel Trecento Nei secoli XIII e XIV si sviluppa nel nord Europa l'arte gotica. Il termine gotico verrà tuttavia coniato solo nel 1500 con un'accezione negativa: significava infatti, “barbaro”. Il verticalismo accentuato dell'architettura ed il forte senso drammatico delle rappresentazioni nordiche furono nel Cinquecento assai criticate: solo quella della tarda romanità era considerata vera arte. Infatti in Italia, il grande slancio verticale dello stilegotico, sarà molto contenuto. La radicata tradizione costruttiva di Roma, basata sul laterizio e la pietra, aveva sviluppato una sensibilità particolare per la superficie continua ed il volume compatto. Nel 1300 si afferma completamente la borghesia cittadina e le opere d'arte non sono più commissionate solo dalla Chiesa e realizzate con le ricchezze dei nobili; anche i ricchi cittadini borghesi costruiscono edifici religiosi e commissionano opere pubbliche che determinano il nuovo volto delle città. All'interno delle Arti si associano varie botteghe artigiane nelle quali emerge una nuova figura, quella del maestro, che sceglie le committenze e cura personalmente l'aspetto economico del lavoro. Egli inoltre non ha sotto di sé un gruppo di semplici operai, ma avvia una scuola di discepoli che apprendono e diffondono il suo stile espressivo.
Uno dei più grandi maestri del Trecento è Giotto che si circonda di allievi, ai quali affida l'esecuzione delle parti di secondaria importanza nei suoi dipinti. Egli è un'artista nel senso moderno della parola e il suo modo di esprimersi non è sottoposto rigidamente solo alle indicazioni che provengono dall'autorità religiosa o civile, ma risponde soprattutto a scelte personali. Se fino a tutto il Duecento le immagini servivano a far conoscere ciò che il popolo analfabeta non poteva leggere, a partire dalla pittura di Giotto questa finalità non è più quella prevalente. Il linguaggio delle immagini non è solo un mezzo per tradurre le parole in figure, le superfici, le forme, i colori, la luce e lo spazio hanno valore indipendentemente da ciò che rappresentano. Le immagini non hanno più il ruolo di sostegno e chiarificazione di un testo scritto ma costituiscono ormai un linguaggio autonomo. Nella seconda metà del Duecento l'influenza bizantina sulla pittura è ancora notevole; la linea che disegna le figure diviene però più ondulata e gli spazi tra linea e linea sono differenziati non solo dal colore, ma anche da diverse luminosità. Le figure acquistano così il senso del volume ed un maggiore realismo. Attraverso l'affresco, che diviene la tecnica tipica di questo periodo assieme alla pittura su tavola, la narrazione di storie sacre raggiunge livelli di altissima esecuzione. La tradizione delle croci e tavole dipinte continua ad affermarsi in tutta l'Italia centrale. La rappresentazione della
Madonna in trono, fra Angeli e Santi, detta «Maestà», diviene ricca e complessa: la tavola è suddivisa in scomparti da elementi architettonici che ripetono gli schemi delle facciate e delle finestre gotiche. Tale composizione viene definita trittico, se divisa in tre scomparti, polittico, se divisa in numero maggiore di tre. Anche in pittura si formano vere e proprie scuole: nell'Italia centrale assai attiva è la scuola romana, nella quale spiccano le personalità di Jacopo Torriti e Pietro Cavallini. La pittura più rappresentativa di questo periodo viene però elaborata nell'ambito della scuola senese e della scuola fiorentina.
Capo scuola della pittura senese è Duccio di Buoninsegna, la cui opera è caratterizzata da una grande raffinatezza di esecuzione: le immagini aggraziate, accurate nella definizione dei particolari e costruite attraverso la linea ed il colore diventeranno tipiche della tradizione senese. Nel Trecento Simone Martini e, dopo di lui, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, sono pittori rinomati per la ricchezza decorativa delle loro immagini. Lo spirito cavalleresco e profano si riflette nelle scene sacre: i Santi, vestiti con i ricchi costumi dell'epoca, circondano Maria che riceve doni dagli Angeli, inginocchiati ai lati del suo trono come paggi di fronte ad una dama. Il gusto per la decorazione e l'attenzione per gli elementi di tipo naturalistico riflettono gli influssi della miniatura gotica francese; gli artisti, da Siena, sono infatti chiamati a lavorare presso la corte papale ad Avignone, dove è stata trasferita la sede pontificia. Il caposcuola dei pittori fiorentini è Cenni di Pepo, detto Cimabue. Nel crocifisso di Arezzo e nella Madonna di Santa Trinità, a Firenze, le sue figure sono vigorose e cariche di umanità; la composizione è monumentale. Sono evidenti i legami con la scuola pisana di scultura e con quella romana di pittura. La ricerca di una forte espressività appare anche negli affreschi della chiesa Superiore di Assisi, purtroppo oggi molto rovinati. La scena della Crocifissione, che appare annerita nelle parti luminose, quasi fosse un'immagine in negativo, conserva tuttavia intatta la sua potenza: la figura di Cristo, inarcata sulla Croce e con le vesti scosse dal vento, è circondata da Angeli le cui ali si agitano nello spazio, mentre in basso la schiera dei seguaci protende le braccia verso Cristo, accentuando la dinamicità della composizione. La rappresentazione del volume, del movimento e dell'espressività delle figure verrà ripresa e sviluppata nelle opere di un grandissimo artista del Trecento:Giotto che abbandona quasi completamente il fondo d’oro. Nelle sue pitture lo spazio in profondità viene rappresentato attraverso la prospettiva degli elementi architettonici e lo scorcio delle figure. La linea che disegna i contorni è scomparsa e le forme si distaccano l’una dall'altra per contrasti di colore. Con Giotto la pittura a tinte piatte, tipica dell'arte bizantina viene completamente abbandonata e le figure esprimono le loro emozioni umane. - Pittura nel Quattrocento Masaccio, Battesimo dei neofiti (dettaglio), Cappella Brancacci, FirenzeIl Quattrocento si aprì in tutta Europa all'insegna del gusto raffinato e cortese del tardo gotico. Le prime novità verso una rappresentazione meno idealizzata e più permeata della realtà si registrarono nel Ducato di Borgogna e nella scuola di miniatura parigina, da cui presero spunto i nuovi indagatori del reale della scuola fiamminga: Jan van Eyck, Rogier van der Weyden, Robert Campin.
La prima rivoluzione rinascimentale in pittura si deve a Masaccio a Firenze. Amico di Filippo Brunelleschi e di Donatello, già nell'opera giovanile del Trittico di San Giovenale (1423) mostrò di conoscere la prospettiva lienare centrica, messa a punto a Brunelleschi pochi anni prima, verso il 1416-1417. Veri pun ti di rottura con la tradizione precedente furono gli affreschi della Cappella Brancacci (1424-1427 circa) e della Trinità (1426-1428 circa), dove alla salda costruzione prospettica si univa una rinnovata ricerca di realismo e un rifiuto degli elementi decorativi (l'"ornato"). Masaccio morì molto giovane, ma la sua lezione non andò perduta, venendo ripresa dai primi allievi tra i quali Filippo Lippi. la lezione prospettica venne ripresa da nuovi maestri (Paolo Uccello, Beato Angelico, Andrea del Castagno), che stemperarono le novità con elementi della tradizione precedente e con le prime influenze dell'arte fiamminga, giungendo a risultati che riscossero un ampio consenso di pubblico.
Andrea Mantegna, Cristo morto(1475-1478 circa), Milano, Pinacoteca di BreraNel frattempo si sviluppò a Firenze una nuova corrente detta della "pittura di luce", che ebbe come principale esponenteDomenico Veneziano. Dell'artista si conservano oggi relativamente poche opere, ma il suo esempio ebbe un ruolo fondamentale nella formazione di Piero della Francesca, il primo artista a unire una salda costruzione prospettica con una luce chiarissima che intride i colori e schiarisce le ombre, a cui aggiunse una semplificazione geometrica delle figure. I suoi capolavori, caratterizzati da un misuratissimo equilibrio sospeso tra la matematica e sentimento, vennero prodotti durante i suoi viaggi, diffondendo le novità fiorentine oltre i confini, soprattutto nel nuovo centro di irradiazione culturale Urbino. L'altro grande esportatore del Rinascimento fiorentino fu Donatello che, pur essendo uno scultore, nel suo fondamentale soggiorno a Padova (1443-1453) influenzò così profondamente la scuola pittorica locale da generare una nuova rivoluzione. Nella bottega padovana di Francesco Squarcione, amante del revival classico, si formarono i più futuri maestri di tutta l'Italia settentrionale: Andrea Mantegna per Mantova, Cosmè Tura per Ferrara, Vincenzo Foppa per la Lombardia, Carlo Crivelli per le Marche, Michael Pacher per l'arco alpino. Ciascuno di questi artisti fu all'origine di scuole pittoriche che elaborarono declinazioni originali del Rinascimento, dando al Quattrocento italiano quella straordinaria ricchezza di sfaccettature che ne è propria.
Giovanni Bellini, Pala di Pesaro(1475-1485 circa)Contemporaneamente a Venezia Giovanni Bellini, sull'esempio di Antonello da Messina (a sua volta influenzato da Piero), rinnovò la scuola locale, ancora legata all'esempio bizantino e gotico, sviluppando una maggiore sensibilità al colore e al paesaggio, con accenti intensi sull'umanità dei personaggi e sul connettivo atmosferico che lega tutti gli elementi della rappresentazione, che furono alla bse dei successivi sviluppi della pittura "tonale" di Giorgione, Cima da Conegliano e Tiziano.
A Firenze invece la nuova generazione di artisti seguì l'esempio della produzione matura di Filippo Lippi, ponendo l'accento soprattutto sull'armonia del disegno e sui giochi lineari nei contorni. A questa corrente si riferirono Antonio del Pollaiolo, maestro nella rappresentazione drammatica del movimento, Sandro Botticelli, interprete dell'ideale dell'armonia laurenziana, e Filippino Lippi, in cui la linea genera già quelle bizzarrie che preludono alle inquietudini Manierismo.
Gli ultimi decenni del secolo vedono la formazione di nuovi linguaggi che, grazie all'attività di autentici geni, aprono la strada alle novità del secolo successivo: il dolcissimo sfumato di Leonardo da Vinci, il colorismo e la monumentalità isolata delle figure di Pietro Perugino (che fu maestro di Raffaello), il titanismo del giovane Michelangelo.
Pittura nel Cinquecento La pittura di questo secolo è segnata dall'opera di Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio, che con Tiziano diventano i modelli degli artisti per almeno tre secoli. Alla loro epoca fa seguito il Manierismo, durante tutto il XVI secolo. Nascono in questo periodo le prime accademie.
Pittura nel Seicento Già a partire dalla fine del Cinquecento prende le mosse da Bologna, con i Carracci, una riflessione pittorica che rielabora il dato reale in chiave classicista. Parallelamente Michelangelo Merisi, dettoCaravaggio, recupera una visione della realtà molto personale, estremamente legata al dato ottico incapace però di comprendere la realtà spirituale, fatto questo che si dimostra essere il filo conduttore della sua parabola umana ed artistica. A partire da Caravaggio nasce il filone dei pittori caravaggeschi, che operano nella stessa direzione. Segue il Barocco.
Pittura nel Settecento Madame Récamier, Jacques-Louis DavidNel Settecento l'attenzione per il paesaggio si accentua, e si assiste a uno snellimento notevole delle rappresentazioni. Si assiste ad una ripresa di istanzeclassicistiche (Neoclassicismo): si riprendono storie tratte dalla mitologia a cui la pittura dell'epoca è strettamente legata. A Venezia nasce una scuola di vedutisti italiani: il Canaletto, Bellotto e Guardi; a Roma Giovanni Paolo Pannini. La pittura di veduta è caratterizzata da un forte grado di aderenza al vero, una grande vastità degli orizzonti e un ampio uso della prospettiva.
Pittura nell'Ottocento Nell'Ottocento si abbandona l'arte classica: l'artista si svincola dalle regole tradizionali. I temi della campagna e del lavoro sono quelli che più interessano i pittori. Vengono effettuati anche diversi esperimenti sul colore e pittori come Claude Monet conducono uno studio approfondito ed attento circa la luce. I contorni dei soggetti dei quadri non sono più così rifitniti come lo erano nel Settecento. Perciò non si fa più molta attenzione ai particolari. Si sviluppò anche il Puntinismo -che in Italia sarà chiamato Divisionismo. Esponenti di questo movimento sono ad esempio Pellizza da Volpedo, Paul Signac, George Seurat...
Pittura nel Novecento La grande "conquista" del Novecento, è proprio l'astrazione: l'artista non dipinge più ciò che vede (questo ruolo è lasciato alla fotografia), ma ciò che sente dentro, nella sua interiorità. In quest'ambito si analizzano con molta attenzione il fenomeno della percezione visiva ed il mutevole effetto che provocano i vari colori sull'osservatore.